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Titolo | Eichmann. Dove inizia la notte. Un dialogo fra Hannah Arendt e Adolf Eichmann. Atto unico |
Autore/i | Stefano Massini è scrittore e drammaturgo italiano, primo autore teatrale italiano ad aver vinto un Tony Award. |
Casa Editrice | Fandango Libri pp. 114 |
Anno di pubblicazione | 2020 |
Costo | 11,40 € |
Recensione | Breve descrizione Contraddittorio, superficiale, perfino goffo, Eichmann assomiglia a noi più di quanto si possa immaginare. Ma è proprio qui, in fondo, che prende forma il male: nella più comune e insospettabile piccolezza umana. Nel 1960 viene arrestato in Argentina Adolf Eichmann, il gerarca nazista responsabile di aver pianificato, strutturato e dunque reso possibile lo sterminio di milioni di ebrei. Dai verbali degli interrogatori a Gerusalemme, dagli atti del processo, dalla storiografia tedesca ed ebraica oltre che dai saggi di Hannah Arendt, Stefano Massini trae questo dialogo di feroce, inaudita potenza. Il testo è un atto unico, un’intervista della stessa Arendt a colui che più di tutti incarna la traduzione della violenza in calcolo, in disegno, in schema effettivo. In un lucidissimo riavvolgere il nastro, Eichmann ricostruisce tutti i passaggi della sua travolgente carriera, dagli albori nella piccola borghesia travolta dalla crisi fino all’ebbrezza del potere, con Hitler e Himmler raccontati come mai prima, fra psicosi e dolori addominali, in un tripudio di scuderie, teatri e salotti. Da una promozione all’altra, in un crescendo di poltrone, prestigio e denaro, si compone lentamente il quadro della Soluzione Finale, qui descritta nel suo aspetto più elementare di immane macchina organizzativa: come si sperimentò il gas? Quando fu deciso (e comunicato) l’inizio dello sterminio? Come si gestiva in concreto l’orrore di Auschwitz? Ed ecco prendere forma, passo dopo passo, una prospettiva spiazzante: Eichmann non è affatto un mostro, bensì un uomo spaventosamente normale, privo di alcun talento se non quello di trarsi d’impaccio, capace di stupire più per la bassezza che per il genio. Incalzato dalle domande della filosofa tedesca, egli si rivela il ritratto squallidissimo dell’arrivismo, della finzione, del più bieco interesse personale, ma niente di più. È mai possibile che l’uomo più temuto da milioni di deportati, il cui solo nome incuteva terrore, fosse un essere così vicino all’uomo medio? Contraddittorio, superficiale, perfino goffo, Eichmann assomiglia a noi più di quanto si possa immaginare. Ma è proprio qui, in fondo, che prende forma il male: nella più comune e insospettabile piccolezza umana. Giudizio personale (a cura di annalisap) Mi sono imbattuta in questo volumetto grazie ad una pagina Instagram molto ben curata di didattica e letteratura. Procurato il testo, ho deciso di leggerlo memore della grande riflessione aperta dal testo per eccellenza della Arendt circa il significato del male, appunto, “La banalità del male”. Ebbene, questo piccolo testo segue l’impronta di quest’ultimo appena citato soffermandosi, sotto forma di colloquio, sul significato di responsabilità, dovere, ordine, dignità e rispetto.Attraverso il botta e risposta con Eichmann, la Arendt ha la possibilità di riflettere sul significato dell’esperienza storica per eccellenza. Scorrevole, ben scritto, di facile lettura e comprensione e soprattutto breve, il testo di lascia leggere velocemente. Adatto alla contestualizzazione di una classe quinta, è utilizzabile interdisciplinarmente in un progetto dedicato alla libertà e al rispetto dell’altro, valori comunitari riconosciuti. Si consiglia la visione dello spettacolo teatrale ispirato. Voto: 9/10 |