8.05.2020
Ormai è iniziata la fase 2 della vita di ciascuno di noi. Iniziamo aspettando di crescere, poi viviamo nella perpetua speranza che accada non si sa bene cosa e la aspettiamo tutta la vita che, nel frattempo, passa.
Aspettiamo di vedere che tempo fa al mattino, chi incontreremo, aspettiamo di scoprire chi ci ha telefonato. Aspettiamo in stanze create appositamente per torturarci e farci attendere, denominate “Sale d’attesa”. Aspettiamo un parcheggio, aspettiamo di tornare a casa, aspettiamo di partire. Aspettiamo l’estate, poi l’inverno, poi le feste, poi che passino le feste. Aspettiamo e anche troppo. E io ho imparato che l’attesa è devastante perché si accompagna al non sapere che cosa accade, che cosa accadrà.
Anche se a volte pensiamo che il nostro treno sia già passato e che non abbia più senso aspettare che arrivi qualcosa di positivo, non bisogna mai smettere di lottare per quello che desideriamo. La vita va aspettata con indosso il vestito migliore che abbiamo, con l’entusiasmo e la voglia di lottare ogni giorno. Nonostante esistano le casualità e la sorte possa farci visita quando meno ce lo aspettiamo, la famosa “legge dell’attrazione” non sempre si compie. Mi sono immaginata la fine della quarantena così: tutti fuori a dormire sotto le stelle perché nel frattempo tutte le case si sono animate e si rifiutano di far entrare le persone. Quasi vedevo il mio divano alzarsi in piedi ed esclamare “wagliù jamm, rammc na’ moss, età ascì e nun vet arritirà”.
Ho immaginato vedere quel nasino di Emilio seguire la luna e perdermi in quegli occhioni meravigliati di una normalità che era mancata. Ho immaginato sentire l’odore dell’umidità estiva che si posa sulla pelle bianca di chi non ha mai preso sole da tutta una vita.
Mi sono detta che ero pronta a sopportare qualunque cosa per la speranza di un minimo di realtà. Anzi, era quello che volevo, ma poi è uscito il bando di concorso e ho finito di vivere.